Africa, il Natale di Irene

Un’esperienza di profonda immersione nella cultura e nelle tradizioni del Ghana lasciando un’impronta nel mondo.
Abbiamo intervistato Irene, 18 anni e il sogno di vivere sulla pelle l’Africa, nostra giovane partecipante al programma di esperienze solidali VOLEXPRESS. Due settimane per vivere un Natale un po’ più speciale. 

Ciao Irene, raccontami un po’ della tua esperienza. L’Africa è un Paese affascinante dalle tradizioni radicate, cosa ti ha spinto a fare questo grande passo verso un Paese tanto lontano?

E’ da tempo che sogno un’esperienza simile. Amo molto i bambini, un anno fa volevo fare attività di volontariato proprio a contatto con i più piccoli. Ho avuto l’occasione di fare uno stage in una scuola, poi dentro di me è cresciuto sempre di più il desiderio di vivere un’esperienza di volontariato al di fuori. Ho pensato all’Africa perché ho sempre desiderato viverla da vicino, vederla attraverso i miei occhi.

La vita in Africa è molto diversa dalla nostra, avere a che fare con nuove abitudini non è sempre facile. Com’è stato il tuo arrivo e come trascorrevi le giornate?

All’inizio ero molto spaventata, dovevo intraprendere il mio primo viaggio da sola, in più affrontando la mia grande paura di volare. Non appena arrivata in Ghana sono rimasta spiazzata dalla sensazione di “casa” che mi dava quel posto. Mi sono trovata benissimo fin da subito, risiedevo in una casa di volontari nella capitale Accra, ho potuto conoscere tanti altri giovani come me e non sentirmi mai sola. La mia giornata si divideva in attività con la scuola fino al primo pomeriggio e tutto il resto della giornata libero per poter esplorare la città. Sono arrivata nel periodo natalizio e nei primi giorni le scuole non erano aperte, così ho avuto la possibilità di condividere molto tempo con i bambini e gli altri volontari, partecipando a pranzi e cene. Spesso la sera si usciva tutti insieme, si andava al cinema e anche al mercato.

Il programma VOLEXPRESS offre la possibilità di contribuire ad attività quotidiane di supporto alla comunità locale. Che tipo di attività svolgevi nelle tue giornate?

Le mie attività si concentravano nelle scuole del posto. Passavo il mio tempo con i bambini, soprattutto mattina e pomeriggio. C’erano tanti momenti di svago, con i piccoli che correvano e si arrampicavano ovunque. Mi divertivo tantissimo a giocare con loro, mi buttavo a terra giocando a calcio, a rubabandiera, con la corda e tornavo a casa sempre sporchissima! Quando poi non ero con i bambini, mi univo al resto del gruppo e andavamo all’esplorazione delle città oppure uscivamo insieme la sera, al cinema, al mercato o si passeggiava insieme.

Qual è la difficoltà più grande che hai dovuto affrontare?

Forse la lingua, soprattutto con la mia coordinatrice. Lei era dell’Inghilterra e il suo accento era davvero molto stretto, spesso avevo difficoltà nel capire. Mi ci è voluta un po’ di pazienza, chiedevo spesso di ripetere le cose. Passato qualche giorno tutto era un po’ più semplice, ci vuole tempo. Capire le persone del luogo, però, era molto più semplice. Il loro inglese è sicuramente più facile perché più “contaminato” dal loro accento.

Tra i momenti più belli c’è un episodio che ti è rimasto particolarmente nel cuore?

Ho bellissimi ricordi del pranzo condiviso con tutti i bambini. C’è stato un momento in cui, vedendomi per la prima volta, si sono avvicinati offrendomi tutto il loro cibo e la loro razione era davvero piccolissima. Avrebbero rinunciato alla loro parte per offrirla a me e questa cosa mi ha colpito tantissimo, sono persone che vivono felici con il poco che hanno e fanno così tanto per essere di aiuto. La generosità che ho trovato me la ricorderò per sempre, sono persone aperte e disponibili, sempre disposte ad aiutare nel bisogno.

Tra i ricordi più belli che ho, sicuramente il Natale e il Capodanno passati là. In quei giorni la scuola era chiusa e andavo spesso a messa. C’era un’atmosfera gioiosa molto contagiosa, tantissimi canti e balli per celebrare le festività. Per strada poi vedevo ovunque persone con cappelli festivi, ci si faceva gli auguri pur non conoscendoci!

Cosa consiglieresti a chi vorrebbe vivere la tua stessa esperienza?

Consiglierei di farlo assolutamente ma con consapevolezza e voglia di mettersi in gioco. Bisogna essere disposti ad adattarsi a nuovi modi di fare. Un esempio: il cibo. La loro dieta è molto diversa dalla nostra, è ricca di uova e riso fritto e le porzioni sono abbondanti. Vivendo là ho imparato che non finire il cibo che si ha davanti per loro è sintomo di non gradimento, un’offesa per il cibo e chi lo cucina. Pur essendo sazia, spesso ho dovuto finire il piatto per evitare che si offendesse qualcuno!

Per concludere, come ti ha cambiato l’Africa?

Ho vissuto in Africa per poco tempo ma mi ha cambiato molto a livello personale. Vivere un Paese sulla propria pelle, vederlo con i propri occhi, è tutt’altra cosa. Quando torni vedi tutto con una prospettiva diversa, più aperta. Dopo un’esperienza simile mi sento molto più sicura di me, più forte, più coraggiosa sapendo cosa ho affrontato.

Se lo rifarei ancora? Assolutamente sì, ma per più tempo!

 

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